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Stop ai grassi trans entro il 2023: le ragioni della scelta e il punto dell’OMS

Non tutti i grassi sono uguali: se i grassi hanno tutti lo stesso apporto calorico – ogni grammo di grasso fornisce all’organismo circa 9 calorie, più del doppio di quelle fornite dalle proteine o dai carboidrati -, in base alla loro composizione chimica essi possono avere diversi, importanti effetti sullo stato di nutrizione e di salute di chi li consuma.
Gli acidi grassi saturi tendono a far innalzare il livello di colesterolo nel sangue ancor di più di quanto non faccia l’apporto alimentare del colesterolo stesso; in particolare questo è vero per l’acido miristico, laurico e palmitico: ne sono particolarmente ricchi formaggi, burro, grassi animali e particolarmente i grassi vegetali ricavati da certi semi tropicali come il cocco e la palma da olio.
Gli acidi grassi insaturi sono tendenzialmente neutri nei confronti della colesterolemia e in alcuni casi contribuiscono ad abbassarla: questi grassi si trovano principalmente negli oli vegetali (per oli insaturi si intendono sia i mono-insaturi che i polinsaturi).
Tra gli acidi grassi polinsaturi particolare importanza rivestono gli omega-3 e 6, coinvolti in molti meccanismi di controllo sia pressorio che infiammatorio: li troviamo principalmente nei prodotti ittici, in alcuni oli vegetali, mais, girasole, soia e frutta secca in guscio.
Gli acidi grassi trans (acidi grassi insaturi) che non sono presenti nei vegetali, tendono invece a far innalzare il livello di colesterolo totale nel sangue, favorendo inoltre l’aumento del “colesterolo cattivo” rispetto al “colesterolo buono”.
Le fonti principali di acidi grassi trans sono: margarine, brioche, snack dolci, salatini, patate fritte surgelate, krapfen, burro, dadi da brodo, preparati per minestre, alimenti da fast-food, pesce surgelato in panatura, pop-corn in busta, formaggi stagionati, fritture sottoli mal conservati ecc.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si prefigge di eliminare i grassi trans dagli alimenti industriali: l’agenzia sanitaria dell’Onu ha tracciato un percorso in sei punti, definito «Replace», per far sparire i grassi trans da tutti gli alimenti e a tutte le latitudini; in sostanza, l’indicazione rivolta ai singoli Stati è quella di legiferare nei rispettivi territori per favorire l’eliminazione dei grassi nocivi dai prodotti di origine industriale e definire le eventuali sanzioni da applicare a chi violerà la norma, mentre alle istituzioni sanitarie e alle aziende si chiede di avviare campagne di comunicazione mirate a far conoscere i rischi alla cittadinanza. Le industrie dovranno poi compiere il passo più significativo: sostituire i grassi trans con oli e grassi più salutari.
L’auspicio è quello di poter arrivare allo zero entro la fine del 2023, ma qual è lo stato dell’arte sulla scena internazionale? In Italia vige ancora l’autoregolamentazione da parte delle aziende; di più, invece, secondo i dati recentemente pubblicati dall’OMS, hanno fatto già da anni Danimarca, Austria, Ungheria, Islanda, Norvegia e Svizzera, fissando dei limiti nazionali per l’utilizzo di grassi trans negli alimenti che equivalgono quasi a dei divieti.