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ONU, l’esperto fa il punto sugli inquinanti in Italia. Preoccupano i PFAS in Veneto

Marcos Orellana, il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle sostanze tossiche e i diritti umani, ha incontrato i rappresentanti del governo, delle autorità regionali e locali, avvocati, medici e membri della società civile, per analizzare la situazione ambientale italiana e il relativo impatto sulla cittadinanza.
La visita in Italia è stata occasione per rilevare la necessità di prendere misure per migliorare i servizi di vigilanza sulle industrie e per sviluppare tecnologie e metodi di produzione che mantengano le emissioni entro i livelli della qualità dell’aria stabiliti dall’OMS. Inoltre, il Relatore Speciale ha esortato l’Italia a ratificare la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti.
Orellana ha potuto osservare progressi nell’ambito della giustizia ambientale, soprattutto a partire dall’adozione della legge 68/2015 sui reati ambientali. Allo stesso tempo, ha evidenziato che molto altro ancora deve essere fatto, ad esempio per quanto riguarda la legge del 2014 contro la contaminazione prodotta dallo scarico illegale, l’interramento e la combustione di rifiuti pericolosi nell’area della Campania nota come Terra dei Fuochi.
Il Relatore Speciale ha espresso profonda preoccupazione per diverse attività, tra cui la spedizione, nel 2020, di pesticidi vietati in Unione Europea e di 282 container di rifiuti verso la Tunisia, e la situazione in cui vivono le comunità vicine agli impianti industriali, alle raffinerie e agli scarichi di rifiuti pericolosi, che sono costantemente esposte a sostanze pericolose, tra cui i PFAS, le sostanze tossiche perfluoroalchiliche, in cui si trova un’alta incidenza di tumori, malattie cardiovascolari e neurologiche.
Il Veneto, per il caso di contaminazione da PFAS legato all’azienda Miteni, considerato uno dei più gravi disastri ambientali in Europa, è motivo di seria preoccupazione da parte del Relatore Speciale, il quale si è espresso anche sullo stato dei problemi di salute sofferti dai residenti delle aree colpite.
La questione riguarda la vicenda dell’azienda chimica Miteni, responsabile della contaminazione della falda freatica vicina a Trissino (VI), sua sede principale. Nel 2013 le autorità regionali erano state avvisate del fatto e hanno fatto installare filtri a carbone attivo nelle zone più inquinate, senza però informare i residenti di quelle aree né sulla vicenda, né sulla pericolosità dei PFAS per la salute. Nel 2014, attraverso decreto regionale, alla Miteni è stato anche permesso l’uso di un nuovo contaminante, il GenX, in sostituzione del PFOA. Nel 2016-2017 molte famiglie hanno ricevuto per lettera l’invito a portare i propri figli a fare controlli per la loro salute. Solo in quel momento la popolazione iniziò a venir resa partecipe di quanto era accaduto. Le analisi sulla contaminazione della popolazione promosse dalla Regione Veneto sono però rimaste parziali e nascoste fino al processo del luglio 2021.
Il rapporto dell’ARPAV sul “Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque superficiali del Veneto” ha contribuito a dare un’idea della portata dell’inquinamento da PFAS nei fiumi della regione: sono stati rilevati, nel 2018, 49 superamenti della concentrazione media annua di PFOS nei bacini idrografici Brenta, Fratta Gorzone, Bacchiglione, bacino scolante nella laguna di Venezia, Fissero Tartaro Canalbianco, Livenza, Po, Sile e 6 superamenti d PFOA nei bacini Bacchiglione, Fratta Gorzone.
Il Relatore Speciale ha manifestato la propria intenzione nel voler seguire attentamente gli sviluppi del caso Miteni e ha esortato l’Italia a prendere le misure necessarie per la restrizione dell’uso di PFAS a livello nazionale: basti pensare che per ristabilire un buono stato ecologico e chimico delle zone colpite, che comprendono più di 30 comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova, si dovrà aspettare almeno altri cinque anni.