Frodi informatiche: numeri di telefono della Polizia Postale utilizzati per svuotare i conti bancari
Consigli per comprare la carne in modo sostenibile

In Italia i capi di bestiame presenti coprono appena il 55% del fabbisogno nazionale, il restante viene importato. “Bisogna mangiare poca carne, ma di qualità”, dice Gian Paolo Angelotti, presidente di Assomacellai, da oltre 50 anni nel settore.
Si stima che in Italia vengano consumati circa 800 grammi a testa alla settimana di carne (3-400 grammi rossa, 2-300 bianca, 200 di salumi). Qualche anno fa la carne rossa rappresentava il 70% del consumo totale, ora sta avvicinandosi al 50%, a favore della carne bianca, ritenuta meno pesante per l’organismo e per l’impatto ambientale. Secondo Angelotti si dovrebbe tornare alla dieta mediterranea che le generazioni dei nostri nonni seguivano, dove la carne veniva mangiata appena due o tre volte la settimana.
A prescindere dal taglio, tutta la carne ha lo stesso potere nutrizionale, la sola differenza è legata al gusto. Per questo motivo si deve puntare sulla qualità che l’etichetta ci aiuta a riconoscere insieme alla tracciabilità, d’obbligo a partire dalla diffusione del morbo della mucca pazza, a seguito del quale ogni venditore è tenuto a informare i consumatori sulla provenienza e luogo della macellazione di tutta la carne in vendita.
Bisogna poi fare attenzione alle etichette che ostentano bandierine italiane e Made in Italy, spesso ingannevoli, e ricercare invece le diciture Allevato in Italia o Macellato in Italia, i loghi 5R (che rappresentano le 5 razze italiane) e Igp Vitellone Bianco, insieme al bollino del ministero dell’Agricoltura: solo così si potrà sperare di aver acquistato carne buona.
Le cinque razze italiane della sigla 5R sono la piemontese, che conta 60-70 mila capi, la marchigiana, di 50 mila capi, la chianina, altri 50 mila, la podolica, di 37 mila, la romagnola e la maremmana, di 12 mila capi ciascuna. Comprensibilmente, minore la disponibilità, maggiore il costo della carne.
Il prezzo rimane uno dei principali campanelli d’allarme, soprattutto per determinati tagli: “se una fiorentina costa meno di 18-25 euro/kg, qualcosa non va”, dice Angelotti. Il motivo si può facilmente trovare facendo un rapido calcolo: considerato che un bovino adulto pesa circa 5 quintali e da esso si ricavano circa 250-300 kg di carne, se un allevatore viene pagato 3-4 euro al kg, il venditore non può applicare un prezzo minore di 4 euro al kg, perché non ci guadagnerebbe. Se però questo avviene, ci deve essere stato un comportamento scorretto da parte del produttore, ad esempio la somministrazione di sostanze vietate agli animali o dichiarazioni false riguardanti il tipo di carne prodotta. Per questo motivo è bene diffidare di carni vendute a meno di 4 euro al kg.
Puntando sulla qualità invece che sulla quantità si otterrà un consumo più sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che economico.
La qualità, ricorda Angelotti, distingue la carne italiana, ma è la quantità il problema principale: solo se si riducesse la domanda allora l’offerta potrebbe calare senza dover importare dall’estero per poterla soddisfare. La soluzione migliore sarebbe quindi farsi bastare quanto è disponibile in Italia: nel nostro Paese sono infatti presenti 9 milioni di bovini (di cui 2,5 da carne), divisi in circa 100 mila allevamenti intensivi che si trovano principalmente in Piemonte, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Questi necessitano di molto spazio, per allevarli, ma anche per coltivare il cibo che li nutrirà, motivo per il quale si trova una concentrazione maggiore lungo la Pianura Padana.
Per quanto riguarda gli allevamenti più piccoli, denominati “distensivi”, legati ad aziende bio, sono più o meno 80 mila e raccolgono circa 4 milioni di polli e mezzo milione di bovini.
Il fatturato legato alla carne ammonta a circa 30 miliardi l’anno, dando lavoro a circa 200 mila persone.
Solo se siamo consumatori consapevoli, compriamo in maniera attenta e sostenibile, potremo allora beneficiarne noi, l’ambiente, ma anche i lavoratori del settore e tutta la società, dal momento che solo comprando meno, ma meglio, si potranno evitare le disparità tra chi si trova sotto la soglia di povertà e chi ha troppo, e per questo spreca.
Per ulteriori approfondimenti in tema di sostenibilità ed economia circolare, consulta il sito del progetto Re-consumer, sostenuto da Federconsumatori!